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Ecologia e femminismo

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Ieri pomeriggio, in pausapranzo, sgranocchiavo costosissimi pomodorini fior fiore coop.
Deliziosi.
Sanno di pomodoro.
E leggevo il manifesto.
A un certo punto mi sono imbattuta su questo articolo: l’alfabeto dell’ecologista.
Premetto che io sono cintura marrone di come “approfittare della crisi per una riconversione verde (ecologica) e rossa (equa) dell’economia”. Io bevevo acqua del rubinetto anche nella casa vecchia, con la cisterna sul tetto. Riduttori di flusso: célo. Mangio le bucce, investo i miei surplus di capitale in verdure bio, quando ci sono surplussi (proposito, ma il bio-contadino dov’è finito???).
Mangio verdura di stagione anche nella stagione dei cavoli quando la minestra sa di cavolo, il cous-cous sa di cavolo, la pasta coi broccoli, verza saltata. Ho arredato due case con avanzi di navi da crociera in disarmo. Termos célo, tupper col pranzo célo, la bicicletta del Chimico, célo.
Ho comprato tre borse trasparenti-coop per evitare i sacchetti e il Chimico non sa più con cosa tirare su la cacca del cane. Le sciarpe me le metto. Il riscaldamento non lo accendo mai perchè arrivo a casa troppo tardi e lo scaldabagno elettrico è una follia.
Non ho la macchina, ho tentato il car sharing ma è un furto, costa tantissimo, e così ho eliminato anche quello. Facciamo il car-sharing della macchina dei genitori del Chimico. Mi ammalo con l’aria condizionata, odio anche il ventilatore. Se ho caldo sudo.
Lamapadine a basso consumo célo, non guardo la pubblicità perchè non ho la tivvù, i miei regali standard sono vasi di conserve, olii aromatizzati, saponi e cose idratanti fatte in casa. Riparo ogni cosa, ho un telefonino del 1922 e invito sempre persone a cena.
Fumo tabacco, così fumo meno, riciclo i vestiti finchè posso e non ho neanche il telefono fisso.
E, nonostante tutto, più andavo avanti nell’alfabeto e più sentivo crescere un senso di disagio, e poi di fastidio e poi di consapevolezza che, sicuro, tutto questo dev’essere opera di un uomo.
Perchè dice ehi, non usate elettrodomestici che vanno a elettricità, perchè poi vi viene l’anidride carbonica. Ehi, non usate i detersivi, usate il sapone di marsiglia. E poi dice ehi, non usate i pannolini usa e getta, perchè inquinano.
Ma poi, chi è che rimane a casa a lavare i pannolini a mano col sapone di marsiglia?
In Svezia non so.
In Italia, mi sembra chiaro, che siamo sempre, ancora, irrimediabilmente noi.
E qui il mondo femminile si divide tra chi ha provato a vivere con un uomo italiano e chi non ci ha provato (oh felice) e crede ancora che non sia possibile dividersi i compiti sul serio. Perchè nella realtà i lavori di casa si dividono, a patto di continue discussioni.
Stessa cosa vale per la verdura, chi sta a casa a lavare l’insalata?
Io non vorrei che questa cosa della vita ecosostenibile diventasse ecoinsostenibile, per noi donne, nel giro di tre generazioni.
Io sono ancora in grado di dividermi la cacca dei pannolini, mia figlia, magari vacillerà. Sua figlia riuscirà a non portarsi sulle spalle tutto questo ritorno alla natura? Ce la farà mia nipote a non vivere come la mia bisnonna, che impastava pane per dodici figli?
E se impasti, quanto tempo ti rimane per fare politica? Quanto per la cura di te stessa? Quanto per la tua carriera, i tuoi studi, le tue letture?
Quanto tempo rimane per scrivere, se ti lavi i vestiti a mano?
Guardate che questo non è un argomento trascurabile. Siamo sicure che tutto questo integralismo ecologista, proprio tutto, sia un bene per noi?
Io dico che non ci può essere un ragionamento ecologista senza una sana rispolverata di femminismo. Senza un vero radicamento del femminismo nella testa di tutti, uomini e donne.
Va messo per iscritto prima.
Va sempre e comunque premesso che noi raccoglieremo soltanto metà degli asparagi.
Attenzione alla decantata e compianta mentalità contadina, prendiamola con le dovute riserve, per favore.